UE, LICHERI (M5S): BLOCCATO COLPO DI MANO ANCIEN REGIME CONTRO CAMBIAMENTO IN EUROPA

“Le forze politiche dell’Ancien Régime che ancora, per poco, dominano il Parlamento europeo e che sentono il fiato sul collo delle forze democratiche che a maggio daranno l’assalto elettorale alla vecchia classe politica europea, hanno tentato un gravissimo colpo di mano, profondamente antidemocratico, provando ad attribuire alla maggioranza il potere di sciogliere i gruppi dell’opposizione. Grazie al lavoro degli eurodeputati del Movimento 5 Stele siamo riusciti a fermarli: gli scandalosi emendamenti proposti da Popolari, Socialisti e Alde sono stati bocciati. Questa è una grande vittoria dei cittadini contro i partiti-zombie dell’establishment europeo che cercano disperatamente di difendere lo status quo e il loro potere. Il cambiamento non si ferma, anzi, il voto di oggi dimostra che è già iniziato”. Lo ha dichiarato il senatore M5S Ettore Licheri, presidente della Commissione Politiche Ue di Palazzo Madama. 

Fonte: http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=104975

Ecco perchè il #PD si è alterato al mio discorso.

“Il reddito di cittadinanza e lo dico qui ancora una volta, nella speranza che voi riusciate a capirlo, prende il disoccupato cronico e lo accompagna, poichè figlio di un mestiere che nessuno più chiede, verso una nuova formazione professionale, li dove lui può avere una speranza per poter entrare nel mercato del lavoro. Ma lo sapete perchè loro sono contrari? Perchè il disocupato cronico è un voto sicuro per la politica, è un gancio che voi mettete al collo del poveretto”

L’Europa ci attacca perché ha paura. Parla Ettore Licheri (M5S)

Pubblico la mia intervista rilasciata a formiche.net e ringrazio Gianluca Zopponini per l’opportunità.
Il presidente della commissione per le Politiche Ue del Senato a Formiche.net: Oettinger e Moscovici non accettano il cambiamento e per questo ci bastonano. Draghi? Da lui si possono accettare degli appunti

No, non è stato un attacco coordinato, qualcosa di pianificato. E tanto per dirla tutta, Gunter Oettinger non è Mario Draghi che a sua volta non è Pierre Moscovici. Stature diverse. All’indomani della tripla bordata rifilata all’Italia dalle massime cariche economiche europee, preoccupate di ritrovarsi tra le mani una manovra alla dinamite, il Movimento Cinque Stelle chiarisce il suo Europa-pensiero. E lo fa per bocca di Ettore Licheri senatore pentastellato, presidente della commissione per le Politiche dell’Ue, nonché spettatore di prima fila all’audizione di Oettinger ieri in parlamento. Il quale, come spiega in questo colloquio con Formiche.net, non ha certo perso tempo a schierare la contraerea a difesa dell’operato del governo gialloverde.

Piccola cronistoria di un giorno di ordinaria tensione. Da Parigi, la prima autorità ad aprire il fuoco di sbarramento è stato il commissario agli Affari Economici e monetari è stato Moscovici, il quale ha definito senza troppi preamboli l’Italia “un problema per l’Eurozona” chiedendo al contempo al governo di Roma un “bilancio credibile per il prossimo anno, con l’invito a continuare il processo di riforme”. Subito dopo è toccato al presidente della Bce tirare fuori il pungiglione, tradendo per qualche ora la tradizionale misuratezza e accusando l’Italia e il suo governo di eccessiva disinvolura nel parlare a mercati aperti. Un chiaro riferimento a Lega e Cinque Stelle, spesso artefici di focolai di speculazione prontamente spenti dallo stesso Tria.

Più felpato Oettinger, titolare del Bilancio Ue e protagonista alcuni mesi fa di accese polemiche (poi rientrate dopo una parziale rettifica delle frasi che gli erano state attribuite da un quotidiano) sulle presunte “lezioni” che i mercati stavano dando agli elettori italiani ancora indecisi su chi votare. Forse memore della vicenda ha usato toni meno taglienti dei suoi illustri colleghi, ma non per questo il messaggio recondito va preso sottogamba. “L’Italia, ma così la Francia e la Germania, ha ora che sta per terminare il Qe, bisogno della fiducia di imprese, banche e cittadini che acquistano il debito del Paese”.

“Ieri non ho avuto la sensazione che si trattasse di un attacco all’Italia premeditato”, chiarisce Licheri. “Vanno fatte delle distinzioni tra quello che rappresenta Mario Draghi e ciò che invece simboleggiano Oettinger e Moscovici. Il primo, da tecnico, ha semplicemente detto che dobbiamo scrivere una manovra in grado di stimolare la crescita e dobbiamo farlo senza salti nel vuoto o fughe in avanti. Giudico poi saggio il suo invito ad evitare esternazioni che possano direttamente o indirettamente suscitare preoccupazione nel delicato mondo dei mercati internazionali. La ragionevolezza predicata da Draghi ci può dunque stare. Cosa molto diversa sono gli altri due. E sa perché? Perché in questo secondo caso parliamo di due figure di stampo conservatore e reazionario. Simboli di una vecchia politica che dopo aver oppresso i cittadini oggi si scaglia, isterica e spaventata, verso tutto ciò che rappresenta il cambiamento.

L’analisi di Licheri è dura e cruda. “Questo persistente rifiuto dell’establishment europeo al dialogo non è altro che una manifestazione di profonda debolezza. Sono stati incapaci di governare le trasformazioni ed i mutamenti sociali di questa epoca, ed oggi si agitano scompostamente intravedendo all’orizzonte l’approssimarsi della loro fine politica. Sono due figure condannate dalla loro stessa mediocrità, prigionieri dei loro stessi schemi mentali”.

Di più. “Si sono sempre rifiutate di cogliere le straordinarie opportunità del momento per ricercare nuove e più innovative formule di allargamento della partecipazione alla vita politica. Ed ora, trovo quasi scontata questa rabbia da chi continua ad affermare che non sia possibile un’altra idea di Europa. Nessuno prima e dopo le politiche di quest’anno avrebbe scommesso su una combinazione politica tra Lega e Cinque Stelle, eppure è successo. Una collaborazione tra due soggetti così diversi per origine e per storia e pure così efficaci nella loro azione di governo. Questo è quanto li ha mandati in corto circuito”.

E come la mettiamo con gli investitori, il cui metro di misura è forse un poco più pragmatico di quello in uso alla nomenklatura Ue? “Se proprio lo vuole sapere risparmiatori e investitori ci hanno dato credito e fiducia. Qualcuno è ancora fermo alle fiammate dello spread di luglio e agosto, o alla famosa fuga di capitali dall’Italia. Ma ora il differenziale è sceso perché gli investitori hanno finalmente compreso che noi stiamo facendo il bene di questo Paese. E infatti guardi i valori delle ultime sedute…”. Licheri non si ferma più.

“Voglio aggiungere una cosa, a Bruxelles qualcuno forse sperava in un attacco speculativo sull’Italia, che non c’è stato. E sa perché? Perché gli investitori hanno capito che al governo di questo Paese è salita una forza riformatrice ma responsabile. Una combinazione vincente di due grandi soggetti politici popolari che, pur con due storie diverse, con i fatti hanno dimostrato di saper attaccare la corruzione, gli sprechi, i privilegi e la precarizzazione del lavoro. L’Italia è un grande laboratorio politico dove si stanno sperimentando nuovi assetti per quello che forse potrebbe essere l’Europa del domani. Credo che le ragioni del l’idiosincrasia di Moscovici verso l’Italia nascano proprio da questa constatazione”.

CETA, Senatore Presidente Ettore Licheri annuncia approfondimento conoscitivo

Una democrazia ratifica un trattato commerciale se è nell’interesse di tutti i suoi cittadini. Vale per il CETA, il trattato di libero scambio tra Europa e Canada, ma non solo. Per questo sono felice di annunciare che a settembre la Commissione Affari Europei del Senato che ho l’onore di presiedere inizierà un approfondita indagine conoscitiva sul CETA e sui principali temi presenti nell’agenda commerciale europea.

 

Per la Sardegna il M55 avrà un programma rivoluzionario

 

Ettore Licheri non ha dubbi: il Movimento 5 Stelle presente­rà alle Regionali un programma «coraggioso e rivoluzionario». L’avvocato sassarese, neo sena­tore pentastellato e presidente della commissione Politiche Ue, è ottimista sul futuro dei Cinque stelle in Sardegna e a Roma. Ma, dopo le polemiche dei giorni scorsi su Andrea Mura, ammet­te di aver sbagliato a pensare che il velista «fosse un valore ag­giunto».

L’assenteismo di Mura vi ha creato imbarazzo?

«Su di lui è stato detto tutto. I cittadini, però, hanno constata­to che il Movimento ha pronta­mente allontanato chi ha man­cato ai propri doveri istituziona­li».

Personalmente che cosa ne pensa?

«Mi spiace per Mura, ritenevo che potesse essere un valore ag­giunto ma mi sbagliavo. Andia­mo avanti, siamo tutti utili alla causa ma nessuno è indispensa­bile».

C’era l’accordo sul ruolo di te­stimoniai?

«Assolutamente no».

Le regionarie premieranno il valore reale dei candidati?

«Non posso rivelare nulla sui nomi. Ma posso anticipare che, dai tavoli di lavoro, uscirà un programma veramente corag­gioso, rivoluzionario, ricco di progetti innovativi che final­mente racconteranno una nuo­va idea di Sardegna».

Basterà a convincere gli eletto­ri?

«Siamo entrati nel terzo mil­lennio e spero che scelgano di non farsi accompagnare in que­sto percorso dai politici del seco­lo scorso».

Sarete avversari della Lega. Un problema?

«No. Abbiamo percorsi e sto­rie politiche diversi. A Roma sia­mo riusciti a fare una sintesi efficace moderna consacrata dal contratto, ma nei territori ognu­no porta avanti i propri proget­ti».

Dopo due mesi è possibile fa­re un bilancio del nuovo gover­no?

«Sì, ed è straordinariamente positivo. Dopo 25 anni di cagno­lini, signorsì e raccontatori di barzellette, ci siamo riconqui­stati in Europa l’autorevolezza ed il rispetto perduto».

Qualche problema sul tema dei migranti?

«Abbiamo troncato il business dell’immigrazione che aveva fat­to cosi tanto felice Salvatore Buzzi di Mafia capitale e, sia chiaro, senza aver mai mancato agli obblighi giuridici e morali di soccorso in mare».

Quali meriti al Movimento?

«Stiamo liberando i giovani dalla schiavitù del precariato, i poveri dalla schiavitù del gioco d’azzardo, l’economia dal tradi­mento delle delocalizzazioni. Stiamo insomma restituendo ai lavoratori quelle tutele sociali che destra e sinistra avevano sa­crificato all’altare del neoliberi­smo finanziario».

Ha già testato la difficoltà di rapportarsi con l’Unione euro­pea?

«Al contrario. Sia io che il mi­nistro Savona abbiamo raccolto un generale sentimento di colla­borazione da parte delle istitu­zioni europee. Certo, stiamo vi­vendo il cambio repentino di un epoca. Tutte le istituzioni devo­no sentire perciò l’esigenza di darsi una nuova architettura più aderente alle nuove esigenze del popolo».

Il governo è contro il Ceta. I prodotti agroalimentari sono a rischio?

«Sulla questione l’attuale di­battito pubblico pecca di super­ficialità. Il trattato contiene cen­tinaia di clausole, alcune potreb­bero essere positive, altre molto negative. Se un governo ratifica un trattato nessuno deve piange­re e nessuno gongolare di gioia, per la semplice ragione che un buon governo firma un trattato quando questo è nell’interesse generale di tutti i cittadini».

Matteo Sau (L’Unione Sarda)

Tutto ma non chiamateli intellettuali

L’altro grave problema è che in questo paese sono spariti anche gli intellettuali. Coloro che mentre tutti commentano una notizia loro ne fissano un’altra. Menti capaci di stupirti per l’originalità e la velocità di pensiero. Intelligenze libere e scalpitanti, per natura ostili a tutto ciò che sa di ovvio e catalogato.
Non basta, dunque, essere un bravo narratore per essere un intellettuale: il primo può adagiarsi sul già detto o sul già scritto, il secondo non lo farebbe mai, preferendo piuttosto cambiare l’angolo di visuale delle cose.

Ennesima presa in giro ai danni dei sardi

Ennesima presa in giro ai danni dei sardi: Tirrenia sposta la sede legale da Cagliari a Milano e gli oneri fiscali sul suo fatturato andrà a pagarli altrove. Arrivederci e grazie.

Niente di nuovo, per carità, si tratta di un copione che si ripete da sempre. Sardegna, terra da sfruttare e profitti che volano altrove .
Il gruppo Onorato incassa € 73 milioni annui di contributi pubblici ed il diritto di gestire a suo piacimento la mobilità dei cittadini isolani. Un privilegio per il quale la società ringrazia consegnandoci, ogni anno, una lista di disservizi e tariffe estive esorbitanti.
Il gruppo incassa i soldi, noi incassiamo gli insulti: la sede operativa di Tirrenia resterà a Napoli mentre quella legale si trasferirà a Milano.
In fin dei conti, per i contabili societari siamo solo numeri da cui trarre utili. Gente che si muove per mare, senza diritti e senza tutele.
Ma chissà che non sia vicino il giorno in cui, anche per i signori della continuità territoriale, qualcuno potrà esclamare: “È finita la pacchia”.

“Siamo tutti sbirri!”

“Siamo tutti sbirri!” Ha esclamato Luigi Ciotti, poche settimane fa a Locri, dal palco della manifestazione per la giornata della memoria contro le mafie. Così replicando alla scritta “Don Ciotti sbirro” comparsa nella notte sui muri della cittadina calabrese.

Ad una vile strisciata di vernice sul muro il prete fondatore di “Libera” ha risposto con un altra delle sue prodigiose sfide sociali: capovolgere il significato sprezzante della parola “sbirro” e trasformarla in una parola positiva, in un sinonimo di persona retta, di uomo giusto, di cittadino che vive nel rispetto della legalità.

Com’è noto, il significato semantico delle parole muta con il fluire della Storia e con la quotidiana dialettica della vita. Nulla impedisce, dunque, che il sogno di Ciotti si realizzi e che la parola sbirro si affranchi dal recinto dell’insulto per diventare simbolo di uno stile di vita irreprensibile.

Ma perché ciò avvenga, siamo davvero disposti a vivere da sbirri?

Sia chiaro che essere sbirri non è affatto facile.  Anzi, usare il valore della legalità come bussola per le proprie scelte può rivelarsi addirittura svantaggioso. Significherebbe respingere le raccomandazioni, rifiutare i baratti elettorali e resistere ai miraggi dei guadagni facili e veloci. Ma non solo. Vivere da sbirri è impegnativo anche nei piccoli doveri della quotidianità come, ad esempio, il dovere di differenziare l’umido dalla plastica, il dovere di prendersi cura dell’aiuola sotto casa e di non posteggiare negli stalli per disabili. 

Ed allora, siamo sufficientemente maturi per meritarci il titolo onorifico di sbirri e mettere il senso di giustizia al centro della nostra vita di cittadini?

No, non lo siamo.

Il Procuratore Regionale della Corte dei Conti di Cagliari in occasione dell’apertura del corrente anno giudiziario, ha parlato di “una persistente tendenza a tollerare quelle deviazioni del sistema, fatte di legami, di reti di connivenze, di commistioni tra pubblico e privato, di fedeltà in cambio di favori, che costituiscono il substrato su cui si regge la manifestazione di ‘potere'”.

Parole sinistramente affini a quelle che sono solite provenire dagli avamposti giudiziari nei territori di mafia. Parole pesanti come pietre che avrebbero dovuto promuovere un severo processo di riflessione tra tutte le componenti della società civile isolana. Ed invece, il richiamo del magistrato contabile ad un comportamento “maggiormente improntato ai valori etici essenziali” si è dissolto nell’indifferenza. L’irrisolta questione morale che tanto doleva ad Enrico Berlinguer continua a rappresentare, in Sardegna come altrove, un tema dal quale rifuggire.

La lotta per la rimozione degli ostacoli sociali di cui parla l’articolo 3 della nostra Costituzione non può essere affidata esclusivamente allo Stato, ma deve essere portata avanti da tutti noi. Tutti i giorni, tutto il giorno. Nella quotidiana consapevolezza, come scriveva Oriana Fallaci nel suo libro “Un uomo”, che “non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie, ma lo si fa per noi stessi, per principio, per la nostra dignità”.

I CONTORCIMENTI LESSICALI DI CONFINDUSTRIA

“Si faccia una legge urbanistica senza ideologie”, scrive Confindustria. Ed è difficile anzi impossibile dissentire. Soprattutto per chi, come me, fa parte di un Movimento che da tempo va annunciando l’estinzione delle due ideologie post-belliche. Entrambi soffocate per mano di un capitalismo tecnocratico-finanziario reso cieco dal profitto .

Il punto però è un altro. Scomparse le politiche di destra e di sinistra, il vuoto sarebbe dovuto essere colmato da una nuova politica. Una politica aperta e lungimirante, una politica alleggerita dai condizionamenti di categoria,  finalmente libera di correre  attraverso  un linguaggio semplice ed immediato.

Invece, ridotto alla sua nuda trama, il documento degli industriali non sembra affatto scritto in questo modo.

Un esempio. Affermare che “la legge deve contenere la possibilità di intervento nelle strutture esistenti, anche se ricadenti nella fascia dei 300 metri dal mare, finalizzata ad adeguare le strutture ai parametri richiesti dal mercato», cosa significa?

In cosa consisterebbero questi “parametri richiesti dal mercato”? 

Non credo di sbagliare se dico che la storia della nostra isola è così affastellata di contorcimenti lessicali che non c’è un solo  sardo che non diffidi ascoltando l’espressione “parametri richiesti dal mercato”.

Capisco, dunque, come ogni proposizione porti in sé le ragioni della sua debolezza ma la genericità di questa frase non potrà che generare diffidenza. Una diffidenza che non è più di destra o di sinistra perchè è semplicemente figlia di passate atrocità commesse nel nome delle “esigenze di mercato”.

L’appello potrà trovare il consenso della gente solo se in quei “parametri richiesti dal mercato” Confindustria saprà cogliere la luce di una nuova strategia di mercato. Una strategia che preveda l’ampliamento e la diversificazione dell’offerta turistica, prestando attenzione  magari non più solo alle spiagge ma alla cultura millenaria che riposa dietro di esse.

Una cultura che da troppo tempo  aspetta di essere donata al mondo.