L’Europa ci attacca perché ha paura. Parla Ettore Licheri (M5S)

Pubblico la mia intervista rilasciata a formiche.net e ringrazio Gianluca Zopponini per l’opportunità.
Il presidente della commissione per le Politiche Ue del Senato a Formiche.net: Oettinger e Moscovici non accettano il cambiamento e per questo ci bastonano. Draghi? Da lui si possono accettare degli appunti

No, non è stato un attacco coordinato, qualcosa di pianificato. E tanto per dirla tutta, Gunter Oettinger non è Mario Draghi che a sua volta non è Pierre Moscovici. Stature diverse. All’indomani della tripla bordata rifilata all’Italia dalle massime cariche economiche europee, preoccupate di ritrovarsi tra le mani una manovra alla dinamite, il Movimento Cinque Stelle chiarisce il suo Europa-pensiero. E lo fa per bocca di Ettore Licheri senatore pentastellato, presidente della commissione per le Politiche dell’Ue, nonché spettatore di prima fila all’audizione di Oettinger ieri in parlamento. Il quale, come spiega in questo colloquio con Formiche.net, non ha certo perso tempo a schierare la contraerea a difesa dell’operato del governo gialloverde.

Piccola cronistoria di un giorno di ordinaria tensione. Da Parigi, la prima autorità ad aprire il fuoco di sbarramento è stato il commissario agli Affari Economici e monetari è stato Moscovici, il quale ha definito senza troppi preamboli l’Italia “un problema per l’Eurozona” chiedendo al contempo al governo di Roma un “bilancio credibile per il prossimo anno, con l’invito a continuare il processo di riforme”. Subito dopo è toccato al presidente della Bce tirare fuori il pungiglione, tradendo per qualche ora la tradizionale misuratezza e accusando l’Italia e il suo governo di eccessiva disinvolura nel parlare a mercati aperti. Un chiaro riferimento a Lega e Cinque Stelle, spesso artefici di focolai di speculazione prontamente spenti dallo stesso Tria.

Più felpato Oettinger, titolare del Bilancio Ue e protagonista alcuni mesi fa di accese polemiche (poi rientrate dopo una parziale rettifica delle frasi che gli erano state attribuite da un quotidiano) sulle presunte “lezioni” che i mercati stavano dando agli elettori italiani ancora indecisi su chi votare. Forse memore della vicenda ha usato toni meno taglienti dei suoi illustri colleghi, ma non per questo il messaggio recondito va preso sottogamba. “L’Italia, ma così la Francia e la Germania, ha ora che sta per terminare il Qe, bisogno della fiducia di imprese, banche e cittadini che acquistano il debito del Paese”.

“Ieri non ho avuto la sensazione che si trattasse di un attacco all’Italia premeditato”, chiarisce Licheri. “Vanno fatte delle distinzioni tra quello che rappresenta Mario Draghi e ciò che invece simboleggiano Oettinger e Moscovici. Il primo, da tecnico, ha semplicemente detto che dobbiamo scrivere una manovra in grado di stimolare la crescita e dobbiamo farlo senza salti nel vuoto o fughe in avanti. Giudico poi saggio il suo invito ad evitare esternazioni che possano direttamente o indirettamente suscitare preoccupazione nel delicato mondo dei mercati internazionali. La ragionevolezza predicata da Draghi ci può dunque stare. Cosa molto diversa sono gli altri due. E sa perché? Perché in questo secondo caso parliamo di due figure di stampo conservatore e reazionario. Simboli di una vecchia politica che dopo aver oppresso i cittadini oggi si scaglia, isterica e spaventata, verso tutto ciò che rappresenta il cambiamento.

L’analisi di Licheri è dura e cruda. “Questo persistente rifiuto dell’establishment europeo al dialogo non è altro che una manifestazione di profonda debolezza. Sono stati incapaci di governare le trasformazioni ed i mutamenti sociali di questa epoca, ed oggi si agitano scompostamente intravedendo all’orizzonte l’approssimarsi della loro fine politica. Sono due figure condannate dalla loro stessa mediocrità, prigionieri dei loro stessi schemi mentali”.

Di più. “Si sono sempre rifiutate di cogliere le straordinarie opportunità del momento per ricercare nuove e più innovative formule di allargamento della partecipazione alla vita politica. Ed ora, trovo quasi scontata questa rabbia da chi continua ad affermare che non sia possibile un’altra idea di Europa. Nessuno prima e dopo le politiche di quest’anno avrebbe scommesso su una combinazione politica tra Lega e Cinque Stelle, eppure è successo. Una collaborazione tra due soggetti così diversi per origine e per storia e pure così efficaci nella loro azione di governo. Questo è quanto li ha mandati in corto circuito”.

E come la mettiamo con gli investitori, il cui metro di misura è forse un poco più pragmatico di quello in uso alla nomenklatura Ue? “Se proprio lo vuole sapere risparmiatori e investitori ci hanno dato credito e fiducia. Qualcuno è ancora fermo alle fiammate dello spread di luglio e agosto, o alla famosa fuga di capitali dall’Italia. Ma ora il differenziale è sceso perché gli investitori hanno finalmente compreso che noi stiamo facendo il bene di questo Paese. E infatti guardi i valori delle ultime sedute…”. Licheri non si ferma più.

“Voglio aggiungere una cosa, a Bruxelles qualcuno forse sperava in un attacco speculativo sull’Italia, che non c’è stato. E sa perché? Perché gli investitori hanno capito che al governo di questo Paese è salita una forza riformatrice ma responsabile. Una combinazione vincente di due grandi soggetti politici popolari che, pur con due storie diverse, con i fatti hanno dimostrato di saper attaccare la corruzione, gli sprechi, i privilegi e la precarizzazione del lavoro. L’Italia è un grande laboratorio politico dove si stanno sperimentando nuovi assetti per quello che forse potrebbe essere l’Europa del domani. Credo che le ragioni del l’idiosincrasia di Moscovici verso l’Italia nascano proprio da questa constatazione”.

SE VOGLIAMO PARLARE DI RAZZISMO E DI DITTATURE, PARLIAMONE PURE.

Scelgo di intervenire sull’oggetto di un dibattito sviluppatosi nei giorni scorsi. E più precisamente sulla questione sorta intorno alla complessa fisionomia dell’attuale quadro politico nazionale ed internazionale. Ho letto la preoccupazione di Mario Segni per la fine della vecchia democrazia liberale “a favore di sistemi profondamente intrisi di intolleranza e forse di razzismo” ed ho ascoltato Beppe Pisanu definire l’attuale governo il frutto di “una positiva spinta utopica non sostenuta però da una adeguata capacità di analisi culturale”.

Tanti i temi trattati: la crisi delle istituzioni, le nuove frontiere della globalizzazione, l’arretramento dello Stato sociale, l’efficacia delle politiche di gestione dei flussi migratori. Ottimi spunti per un’ideale passeggiata lungo le rive inascoltate dei 22 milioni di cittadini italiani che nelle urne avevano gridato basta ad una politica fintamente buonista ed ostinatamente lontana.

Ma così non è stato.

Dalla discussione non è emerso un benché minimo cenno di revisione critica del passato ed, in definitiva, il tutto è andato a condensarsi nella irriducibile oleografia del “ Salvini razzista” e del M5S che vuole “portare l’Italia fuori dall’Europa”.

Francamente, troppo poco.

Approfitto allora di queste righe non tanto per ricordare che l’esistenza di un contratto di governo sottoscritto dai due leaders di maggioranza esclude ogni tipo di iniziativa personale che stia fuori dai temi politici dell’accordo, quanto per unirmi anche io all’allarme sui possibili pericoli per la nostra democrazia.
Sono di pochi giorni fa le dichiarazioni del PM di Genova Francesco Cozzi, titolare dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi, che al Corriere della Sera ha parlato di “soggetto pubblico espropriato dei suoi poteri”.

É lo Stato che si volta e si nasconde. È lo Stato che lascia fare. È lo Stato che abdica e diventa invisibile ed insieme ad esso diventano invisibili anche le persone. Perché sono più di 30mila in Puglia gli stranieri che anche questa estate hanno partecipato alla raccolta di milioni di tonnellate di pomodori. Difficile quantificare il loro numero esatto, considerato che nessuno ha mai fatto un vero censimento di questi “nuovi schiavi” sconosciuti alle autorità locali.

Ed a proposito di lavoro, come leggere senza preoccupazione i dati ISTAT che segnalano, in un anno, 440 mila contratti a termine su 457 mila assunzioni lavorative?

Ecco allora che anche il più sprovveduto degli osservatori capisce che c’è qualcosa che non funziona in questo paese. Qualcosa di molto più allarmante rispetto all’esternazione di questo o di quel ministro, qualcosa che ha finito per svuotare l’essenza stessa delle libertà di autodeterminazione di un individuo.

Il dispotismo in Italia esiste ed esiste da tempo. Ma per esercitare la propria autorità esso non ha avuto bisogno di una squadra fascista che bussasse alla porta alle quattro del mattino. Il dispotismo in Italia ha agito in forma elegante, silenziosa, compiacente, benevola. Prodotto adulterato di una politica che ha consegnato il potere ad un gruppo ristretto di oligarchie economiche in grado di influire in maniera determinante sulla vita collettiva senza passare attraverso il controllo delle istituzioni democratiche.

Questo è, dunque, il fronte della sfida che attende il nuovo governo: 1) restituire allo Stato sovrano ed agli organismi internazionali il potere di controllo sulle oligarchie economiche di modo che non possano più agire indisturbate nel perseguire i propri interessi particolari; 2) sottrarre ai potentati finanziari il dominio dei mass-media perché sia favorita la crescita di una opinione pubblica vigile, informata e pluralista; 3) attuare una energica politica di contrasto alle tante diseguaglianze sociali che mettono i non tutelati, i poveri, i migranti, i giovani disoccupati, in una condizione che non è di cittadini ma di veri e propri paria di nuova generazione.

A Mario Segni dico che questo è il razzismo che dobbiamo combattere. A Beppe Pisanu rispondo invece che sì, voler cambiare questo stato di cose potrebbe sembrare un’utopia. Ma perché non provarci?

 

Ettore Licheri
Movimento 5 Stelle
Presidente della Commissione Affari Europei Senato