UE, LICHERI (M5S): BLOCCATO COLPO DI MANO ANCIEN REGIME CONTRO CAMBIAMENTO IN EUROPA

“Le forze politiche dell’Ancien Régime che ancora, per poco, dominano il Parlamento europeo e che sentono il fiato sul collo delle forze democratiche che a maggio daranno l’assalto elettorale alla vecchia classe politica europea, hanno tentato un gravissimo colpo di mano, profondamente antidemocratico, provando ad attribuire alla maggioranza il potere di sciogliere i gruppi dell’opposizione. Grazie al lavoro degli eurodeputati del Movimento 5 Stele siamo riusciti a fermarli: gli scandalosi emendamenti proposti da Popolari, Socialisti e Alde sono stati bocciati. Questa è una grande vittoria dei cittadini contro i partiti-zombie dell’establishment europeo che cercano disperatamente di difendere lo status quo e il loro potere. Il cambiamento non si ferma, anzi, il voto di oggi dimostra che è già iniziato”. Lo ha dichiarato il senatore M5S Ettore Licheri, presidente della Commissione Politiche Ue di Palazzo Madama. 

Fonte: http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=104975

L’Europa ci attacca perché ha paura. Parla Ettore Licheri (M5S)

Pubblico la mia intervista rilasciata a formiche.net e ringrazio Gianluca Zopponini per l’opportunità.
Il presidente della commissione per le Politiche Ue del Senato a Formiche.net: Oettinger e Moscovici non accettano il cambiamento e per questo ci bastonano. Draghi? Da lui si possono accettare degli appunti

No, non è stato un attacco coordinato, qualcosa di pianificato. E tanto per dirla tutta, Gunter Oettinger non è Mario Draghi che a sua volta non è Pierre Moscovici. Stature diverse. All’indomani della tripla bordata rifilata all’Italia dalle massime cariche economiche europee, preoccupate di ritrovarsi tra le mani una manovra alla dinamite, il Movimento Cinque Stelle chiarisce il suo Europa-pensiero. E lo fa per bocca di Ettore Licheri senatore pentastellato, presidente della commissione per le Politiche dell’Ue, nonché spettatore di prima fila all’audizione di Oettinger ieri in parlamento. Il quale, come spiega in questo colloquio con Formiche.net, non ha certo perso tempo a schierare la contraerea a difesa dell’operato del governo gialloverde.

Piccola cronistoria di un giorno di ordinaria tensione. Da Parigi, la prima autorità ad aprire il fuoco di sbarramento è stato il commissario agli Affari Economici e monetari è stato Moscovici, il quale ha definito senza troppi preamboli l’Italia “un problema per l’Eurozona” chiedendo al contempo al governo di Roma un “bilancio credibile per il prossimo anno, con l’invito a continuare il processo di riforme”. Subito dopo è toccato al presidente della Bce tirare fuori il pungiglione, tradendo per qualche ora la tradizionale misuratezza e accusando l’Italia e il suo governo di eccessiva disinvolura nel parlare a mercati aperti. Un chiaro riferimento a Lega e Cinque Stelle, spesso artefici di focolai di speculazione prontamente spenti dallo stesso Tria.

Più felpato Oettinger, titolare del Bilancio Ue e protagonista alcuni mesi fa di accese polemiche (poi rientrate dopo una parziale rettifica delle frasi che gli erano state attribuite da un quotidiano) sulle presunte “lezioni” che i mercati stavano dando agli elettori italiani ancora indecisi su chi votare. Forse memore della vicenda ha usato toni meno taglienti dei suoi illustri colleghi, ma non per questo il messaggio recondito va preso sottogamba. “L’Italia, ma così la Francia e la Germania, ha ora che sta per terminare il Qe, bisogno della fiducia di imprese, banche e cittadini che acquistano il debito del Paese”.

“Ieri non ho avuto la sensazione che si trattasse di un attacco all’Italia premeditato”, chiarisce Licheri. “Vanno fatte delle distinzioni tra quello che rappresenta Mario Draghi e ciò che invece simboleggiano Oettinger e Moscovici. Il primo, da tecnico, ha semplicemente detto che dobbiamo scrivere una manovra in grado di stimolare la crescita e dobbiamo farlo senza salti nel vuoto o fughe in avanti. Giudico poi saggio il suo invito ad evitare esternazioni che possano direttamente o indirettamente suscitare preoccupazione nel delicato mondo dei mercati internazionali. La ragionevolezza predicata da Draghi ci può dunque stare. Cosa molto diversa sono gli altri due. E sa perché? Perché in questo secondo caso parliamo di due figure di stampo conservatore e reazionario. Simboli di una vecchia politica che dopo aver oppresso i cittadini oggi si scaglia, isterica e spaventata, verso tutto ciò che rappresenta il cambiamento.

L’analisi di Licheri è dura e cruda. “Questo persistente rifiuto dell’establishment europeo al dialogo non è altro che una manifestazione di profonda debolezza. Sono stati incapaci di governare le trasformazioni ed i mutamenti sociali di questa epoca, ed oggi si agitano scompostamente intravedendo all’orizzonte l’approssimarsi della loro fine politica. Sono due figure condannate dalla loro stessa mediocrità, prigionieri dei loro stessi schemi mentali”.

Di più. “Si sono sempre rifiutate di cogliere le straordinarie opportunità del momento per ricercare nuove e più innovative formule di allargamento della partecipazione alla vita politica. Ed ora, trovo quasi scontata questa rabbia da chi continua ad affermare che non sia possibile un’altra idea di Europa. Nessuno prima e dopo le politiche di quest’anno avrebbe scommesso su una combinazione politica tra Lega e Cinque Stelle, eppure è successo. Una collaborazione tra due soggetti così diversi per origine e per storia e pure così efficaci nella loro azione di governo. Questo è quanto li ha mandati in corto circuito”.

E come la mettiamo con gli investitori, il cui metro di misura è forse un poco più pragmatico di quello in uso alla nomenklatura Ue? “Se proprio lo vuole sapere risparmiatori e investitori ci hanno dato credito e fiducia. Qualcuno è ancora fermo alle fiammate dello spread di luglio e agosto, o alla famosa fuga di capitali dall’Italia. Ma ora il differenziale è sceso perché gli investitori hanno finalmente compreso che noi stiamo facendo il bene di questo Paese. E infatti guardi i valori delle ultime sedute…”. Licheri non si ferma più.

“Voglio aggiungere una cosa, a Bruxelles qualcuno forse sperava in un attacco speculativo sull’Italia, che non c’è stato. E sa perché? Perché gli investitori hanno capito che al governo di questo Paese è salita una forza riformatrice ma responsabile. Una combinazione vincente di due grandi soggetti politici popolari che, pur con due storie diverse, con i fatti hanno dimostrato di saper attaccare la corruzione, gli sprechi, i privilegi e la precarizzazione del lavoro. L’Italia è un grande laboratorio politico dove si stanno sperimentando nuovi assetti per quello che forse potrebbe essere l’Europa del domani. Credo che le ragioni del l’idiosincrasia di Moscovici verso l’Italia nascano proprio da questa constatazione”.

Intervista al TG di Videolina

Intervista al TG di Videolina che ringrazio

Sono stato allievo di prof. Todini ed ho potuto apprezzare le sue doti di uomo e di giurista .
Tuttavia, quando un parlamentare della Repubblica Italiana vede un gruppo di persone che si schiera in atteggiamento militaresco su una pubblica via e che indirizza un saluto romano ad un vessillo della Repubblica di Salo, il parlamentare ha l’obbligo di informare la magistratura.
Ora però basta. La politica esca dalla sua piccineria e smetta di strumentalizzare questa vicenda anacronistica.
I pericoli per la democrazia sono altri e ben più gravi. La gente oggi è indignata perché questo è il paese più corrotto d’Europa, perché si sbriciolano i ponti, perché nell’ultimo anno il 95% delle assunzioni sono avvenute con contratti a tempo determinato. La gente oggi è indignata perché abbiamo accolto in Italia 160 mila migranti ma non siamo in grado di garantire loro un futuro che non sia fatto di caporalati, sfruttamento ed emarginazione.
Per queste cose dovremmo scendere in piazza, fare flash mob e scrivere denunce su Facebook .
La politica riprenda allora ad occuparsi dei vivi e lasci in pace i morti.

SE VOGLIAMO PARLARE DI RAZZISMO E DI DITTATURE, PARLIAMONE PURE.

Scelgo di intervenire sull’oggetto di un dibattito sviluppatosi nei giorni scorsi. E più precisamente sulla questione sorta intorno alla complessa fisionomia dell’attuale quadro politico nazionale ed internazionale. Ho letto la preoccupazione di Mario Segni per la fine della vecchia democrazia liberale “a favore di sistemi profondamente intrisi di intolleranza e forse di razzismo” ed ho ascoltato Beppe Pisanu definire l’attuale governo il frutto di “una positiva spinta utopica non sostenuta però da una adeguata capacità di analisi culturale”.

Tanti i temi trattati: la crisi delle istituzioni, le nuove frontiere della globalizzazione, l’arretramento dello Stato sociale, l’efficacia delle politiche di gestione dei flussi migratori. Ottimi spunti per un’ideale passeggiata lungo le rive inascoltate dei 22 milioni di cittadini italiani che nelle urne avevano gridato basta ad una politica fintamente buonista ed ostinatamente lontana.

Ma così non è stato.

Dalla discussione non è emerso un benché minimo cenno di revisione critica del passato ed, in definitiva, il tutto è andato a condensarsi nella irriducibile oleografia del “ Salvini razzista” e del M5S che vuole “portare l’Italia fuori dall’Europa”.

Francamente, troppo poco.

Approfitto allora di queste righe non tanto per ricordare che l’esistenza di un contratto di governo sottoscritto dai due leaders di maggioranza esclude ogni tipo di iniziativa personale che stia fuori dai temi politici dell’accordo, quanto per unirmi anche io all’allarme sui possibili pericoli per la nostra democrazia.
Sono di pochi giorni fa le dichiarazioni del PM di Genova Francesco Cozzi, titolare dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi, che al Corriere della Sera ha parlato di “soggetto pubblico espropriato dei suoi poteri”.

É lo Stato che si volta e si nasconde. È lo Stato che lascia fare. È lo Stato che abdica e diventa invisibile ed insieme ad esso diventano invisibili anche le persone. Perché sono più di 30mila in Puglia gli stranieri che anche questa estate hanno partecipato alla raccolta di milioni di tonnellate di pomodori. Difficile quantificare il loro numero esatto, considerato che nessuno ha mai fatto un vero censimento di questi “nuovi schiavi” sconosciuti alle autorità locali.

Ed a proposito di lavoro, come leggere senza preoccupazione i dati ISTAT che segnalano, in un anno, 440 mila contratti a termine su 457 mila assunzioni lavorative?

Ecco allora che anche il più sprovveduto degli osservatori capisce che c’è qualcosa che non funziona in questo paese. Qualcosa di molto più allarmante rispetto all’esternazione di questo o di quel ministro, qualcosa che ha finito per svuotare l’essenza stessa delle libertà di autodeterminazione di un individuo.

Il dispotismo in Italia esiste ed esiste da tempo. Ma per esercitare la propria autorità esso non ha avuto bisogno di una squadra fascista che bussasse alla porta alle quattro del mattino. Il dispotismo in Italia ha agito in forma elegante, silenziosa, compiacente, benevola. Prodotto adulterato di una politica che ha consegnato il potere ad un gruppo ristretto di oligarchie economiche in grado di influire in maniera determinante sulla vita collettiva senza passare attraverso il controllo delle istituzioni democratiche.

Questo è, dunque, il fronte della sfida che attende il nuovo governo: 1) restituire allo Stato sovrano ed agli organismi internazionali il potere di controllo sulle oligarchie economiche di modo che non possano più agire indisturbate nel perseguire i propri interessi particolari; 2) sottrarre ai potentati finanziari il dominio dei mass-media perché sia favorita la crescita di una opinione pubblica vigile, informata e pluralista; 3) attuare una energica politica di contrasto alle tante diseguaglianze sociali che mettono i non tutelati, i poveri, i migranti, i giovani disoccupati, in una condizione che non è di cittadini ma di veri e propri paria di nuova generazione.

A Mario Segni dico che questo è il razzismo che dobbiamo combattere. A Beppe Pisanu rispondo invece che sì, voler cambiare questo stato di cose potrebbe sembrare un’utopia. Ma perché non provarci?

 

Ettore Licheri
Movimento 5 Stelle
Presidente della Commissione Affari Europei Senato

Per la Sardegna il M55 avrà un programma rivoluzionario

 

Ettore Licheri non ha dubbi: il Movimento 5 Stelle presente­rà alle Regionali un programma «coraggioso e rivoluzionario». L’avvocato sassarese, neo sena­tore pentastellato e presidente della commissione Politiche Ue, è ottimista sul futuro dei Cinque stelle in Sardegna e a Roma. Ma, dopo le polemiche dei giorni scorsi su Andrea Mura, ammet­te di aver sbagliato a pensare che il velista «fosse un valore ag­giunto».

L’assenteismo di Mura vi ha creato imbarazzo?

«Su di lui è stato detto tutto. I cittadini, però, hanno constata­to che il Movimento ha pronta­mente allontanato chi ha man­cato ai propri doveri istituziona­li».

Personalmente che cosa ne pensa?

«Mi spiace per Mura, ritenevo che potesse essere un valore ag­giunto ma mi sbagliavo. Andia­mo avanti, siamo tutti utili alla causa ma nessuno è indispensa­bile».

C’era l’accordo sul ruolo di te­stimoniai?

«Assolutamente no».

Le regionarie premieranno il valore reale dei candidati?

«Non posso rivelare nulla sui nomi. Ma posso anticipare che, dai tavoli di lavoro, uscirà un programma veramente corag­gioso, rivoluzionario, ricco di progetti innovativi che final­mente racconteranno una nuo­va idea di Sardegna».

Basterà a convincere gli eletto­ri?

«Siamo entrati nel terzo mil­lennio e spero che scelgano di non farsi accompagnare in que­sto percorso dai politici del seco­lo scorso».

Sarete avversari della Lega. Un problema?

«No. Abbiamo percorsi e sto­rie politiche diversi. A Roma sia­mo riusciti a fare una sintesi efficace moderna consacrata dal contratto, ma nei territori ognu­no porta avanti i propri proget­ti».

Dopo due mesi è possibile fa­re un bilancio del nuovo gover­no?

«Sì, ed è straordinariamente positivo. Dopo 25 anni di cagno­lini, signorsì e raccontatori di barzellette, ci siamo riconqui­stati in Europa l’autorevolezza ed il rispetto perduto».

Qualche problema sul tema dei migranti?

«Abbiamo troncato il business dell’immigrazione che aveva fat­to cosi tanto felice Salvatore Buzzi di Mafia capitale e, sia chiaro, senza aver mai mancato agli obblighi giuridici e morali di soccorso in mare».

Quali meriti al Movimento?

«Stiamo liberando i giovani dalla schiavitù del precariato, i poveri dalla schiavitù del gioco d’azzardo, l’economia dal tradi­mento delle delocalizzazioni. Stiamo insomma restituendo ai lavoratori quelle tutele sociali che destra e sinistra avevano sa­crificato all’altare del neoliberi­smo finanziario».

Ha già testato la difficoltà di rapportarsi con l’Unione euro­pea?

«Al contrario. Sia io che il mi­nistro Savona abbiamo raccolto un generale sentimento di colla­borazione da parte delle istitu­zioni europee. Certo, stiamo vi­vendo il cambio repentino di un epoca. Tutte le istituzioni devo­no sentire perciò l’esigenza di darsi una nuova architettura più aderente alle nuove esigenze del popolo».

Il governo è contro il Ceta. I prodotti agroalimentari sono a rischio?

«Sulla questione l’attuale di­battito pubblico pecca di super­ficialità. Il trattato contiene cen­tinaia di clausole, alcune potreb­bero essere positive, altre molto negative. Se un governo ratifica un trattato nessuno deve piange­re e nessuno gongolare di gioia, per la semplice ragione che un buon governo firma un trattato quando questo è nell’interesse generale di tutti i cittadini».

Matteo Sau (L’Unione Sarda)

Aree di crisi industriale complessa, la Commissione Ue del Senato dà parere positivo

Aree di crisi industriale complessa, la Commissione Ue del Senato dà parere positivo

 Saranno stanziati nove milioni di euro a favore della Regione Sardegna per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali. E quei soldi non sono considerabili “aiuti di Stato”, questo in sintesi il contenuto del parere favorevole della Commissione delle Politiche dell’Unione Europea presieduta dal senatore sardo  Ettore Licheri (M5s).  «Da sardo sono orgoglioso che il primo atto a mia firma di questa legislatura abbia riguardato la mia terra. Sono certo che il sistema Europa con i suoi regolamenti, se studiato con attenzione, potrà essere un partner importante per il rilancio dell’economia».

Uno stanziamento di 9 milioni di euro per il 2018, in favore della regione Sardegna, per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga nelle aree di crisi industriale complessa. La XIV Commissione permanente del Senato, competente in materia di rapporti con l’Unione europea, ha dato parere non ostativo al ddl di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, recante misure urgenti per l’ulteriore finanziamento degli interventi di cui all’articolo I, comma 139, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nonché per il completamento dei piani di nuova industrializzazione, di recupero o di tenuta occupazionale relativi a crisi aziendali, approvato dalla Camera dei deputati.

La Commissione presieduta dal senatore sardo Ettore Licheri (M5s) era chiamata ad un passaggio delicato e importante. Si trattava, infatti, di verificare che i soldi stanziati non fossero da considerarsi “aiuti di Stato” e dunque vietati dal famigerato regolamento 651/2014 che dichiara alcune categorie di sostegno finanziario pubblico compatibili con il mercato interno CE ed altre incompatibili.

È noto come in passato gli aiuti di Stato siano stati oggetto di interpretazioni (a cominciare dal delicato tema della continuità territoriale) eccessivamente restrittive. Autentiche tagliole scattate inesorabili al nascere di tanti trascorsi progetti di rilancio dell’isola. L’auspicio è che adesso, con un sardo alla Presidenza della Commissione Politiche UE, i rapporti con le linee di pensiero di Bruxelles possano essere più costruttivi e meno conflittuali.

«Tengo a precisare che il dossier è stato istruito con la massima cura, obiettività e diligenza, tanto che il provvedimento è stato votato all’unanimità da tutte le forze politiche. Approfitto per ringraziare anche il senatore sardo Emilio Floris intervenuto nella discussione – dichiara il presidente Ettore Licheri –. Sono felice che la Commissione da me presieduta abbia dato dimostrazione di come il sistema Europa con i suoi regolamenti, se studiato con attenzione, possa essere un partner importante per il rilancio della nostra economia».

Esaminati tutti gli orientamenti espressi sul punto dalla giurisprudenza Europea la Commissione delle Politiche Ue del Senato ha così valutato che   nel rifinanziamento “non sembrano sussistere profili di incompatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea”.

Tutto ma non chiamateli intellettuali

L’altro grave problema è che in questo paese sono spariti anche gli intellettuali. Coloro che mentre tutti commentano una notizia loro ne fissano un’altra. Menti capaci di stupirti per l’originalità e la velocità di pensiero. Intelligenze libere e scalpitanti, per natura ostili a tutto ciò che sa di ovvio e catalogato.
Non basta, dunque, essere un bravo narratore per essere un intellettuale: il primo può adagiarsi sul già detto o sul già scritto, il secondo non lo farebbe mai, preferendo piuttosto cambiare l’angolo di visuale delle cose.

Ennesima presa in giro ai danni dei sardi

Ennesima presa in giro ai danni dei sardi: Tirrenia sposta la sede legale da Cagliari a Milano e gli oneri fiscali sul suo fatturato andrà a pagarli altrove. Arrivederci e grazie.

Niente di nuovo, per carità, si tratta di un copione che si ripete da sempre. Sardegna, terra da sfruttare e profitti che volano altrove .
Il gruppo Onorato incassa € 73 milioni annui di contributi pubblici ed il diritto di gestire a suo piacimento la mobilità dei cittadini isolani. Un privilegio per il quale la società ringrazia consegnandoci, ogni anno, una lista di disservizi e tariffe estive esorbitanti.
Il gruppo incassa i soldi, noi incassiamo gli insulti: la sede operativa di Tirrenia resterà a Napoli mentre quella legale si trasferirà a Milano.
In fin dei conti, per i contabili societari siamo solo numeri da cui trarre utili. Gente che si muove per mare, senza diritti e senza tutele.
Ma chissà che non sia vicino il giorno in cui, anche per i signori della continuità territoriale, qualcuno potrà esclamare: “È finita la pacchia”.

Da Moggi a Zola e Buffon: Licheri si racconta.

Il neo senatore si è dimesso dalla Procura federale della Figc di Roberto Muretto.

13 marzo 2018

SASSARI. Dopo vent’anni, ha consegnato la lettera di dimissioni dalla Procura federale della Figc. Ettore Licheri ieri ha lasciato il mondo dello sport per una nuova esperienza: la politica. È stato eletto senatore nelle liste del M5S. Dai campi di calcio agli scranni di Palazzo Madama per portare la sua esperienza maturata in più ambiti professionali.

C’è una partita che ricorda in modo particolare?

«Cagliari-Salernitana al Sant’Elia. Abeijon viene espulso perchè si ribella agli insulti rivolti a sua figlia da Giacomo Tedesco. Langella vendica il compagno e gli spara un pugno in faccia. Quella è stata la prima volta che la giustizia sportiva ha riconosciuto la provocazione, così Langella ha potuto evitare una lunga squalifica».

Chissà quanti amici ha nel mondo del calcio, forse anche dei nemici.

«Ho conosciuto tante persone per bene e altre con le quali non prenderei nemmeno un caffè. Cito Simone Inzaghi che ho conosciuto da giocatore, mi ha fatto piacere incontrarlo da allenatore nella mia ultima partita a bordo campo. Ho avuto un ottimo rapporto con Spalletti, col quale ci incontravamo spesso d’estate perchè lui frequentava Palau e i nostri figli si conoscevano bene».

Lei ha seguito tante inchieste. Ricorda un particolare?

«La sofferenza di Pippo Carobbio quando ha deciso di collaborare con la giustizia sportiva. Il giorno del processo Antonio Conte si lamentò parlando di un rapporto confidenziale tra il calciatore e un componente della Procura. Si riferiva a me. Parole dette senza conoscere la realtà».

Come è cominciata la sua avventura alla Procura?

«Grazie a Carlo Porceddu che allora era il procuratore federale. Gli avevo espresso il desiderio di mettere al servizio dello sport la mia preparazione in materia giuridica e lui mi fece entrare nell’Ufficio inchieste. Da Carlo ho imparato cosa vuol dire avere la schiena dritta. Riceveva tante pressioni, non si è mai piegato».

Il calciatore più simpatico?

«Buffon. Per la generosità e l’attenzione verso i bambini».

Ci racconta un aneddoto dei tanti interrogatori fatti?

«Quello di un allenatore allora sconosciuto, chiamato in causa per una omessa denuncia. Ricordo che si presentò senza un avvocato e spiegò con serenità le sue ragioni. Alla prima udienza chiese di parlare davanti alla commissione Sport e convinse i giudici della sua estraneità ai fatti. Era Maurizio Sarri, ora uno dei tecnici più bravi in Europa».

Lei ha interrogato più volte Luciano Moggi. Era davvero così arrogante?

«Al contrario, era affabile, riusciva a entrare in empatia con tutti. Ricordo di aver mangiato insieme a lui il porcetto cucinato da signor Matteo, custode del Sant’Elia. Quando è scoppiata Calciopoli devo dire che Moggi, a modo suo, collaborava. Il taciturno era Antonio Giraudo».

Definisca con un aggettivo alcuni calciatori. Cominciamo da Gianluigi Buffon.

«Motivatore, sincero».

Gianfranco Zola?

«L’eleganza e la modestia. Solo per lui gli arbitri facevano un’eccezione al protocollo chiedendogli la maglietta».

Francesco Totti?

«Generoso. Posso testimoniare delle tante volte che è intervenuto per aiutare suoi colleghi in difficoltà».

Paolo Maldini?

«Freddo, gioviale ma sempre molto contenuto».

Alessandro Del Piero?

«Alla mano. Ricordo che ero a Torino per una gara della Juventus e un bambino sassarese che non stava bene di salute, voleva la sua maglia. Gli ho raccontato tutto e a fine partita stavo andando via dimenticandomi di prendere la maglietta. È stato lui a portarmela e c’era anche la dedica».

Un giocatore del Cagliari col quale ha conservato un rapporto di amicizia?

«Daniele Conti. Mio padre, tifosissimo del Cagliari, spesso mi accompagnava alle partite. Se Daniele veniva espulso a fine partita gli faceva la ramanzina e lui, pazientemente, lo ascoltava. Io provavo imbarazzo, ma Conti sapeva che quelle erano le parole di un padre».

Altri sardi a bordo campo?

«Salvatore Casula di Cagliari, farà una bella carriera».

Le piace il Var?

«Sono favorevole. I dati statici dicono che molti errori sono stati corretti. E poi a me piace la suspence che crea».

Come è cambiato il calcio in questi vent’anni?

«C’è una maggiore consapevolezza politica degli allenatori e degli atleti. E questo grazie a uomini come Albertini, Tommasi e Ulivieri. L’auspicio è che in futuro sia più equilibrato il rapporto sport-politica».

Il calcio sardo non se la passa benissimo. Ha qualche suggerimento da dare?

«Qui si vive un momento delicato, anche se ora abbiamo tre squadre tra i professionisti. La nostra economia è soffocata dalla crisi. Questo ha favorito l’ingresso nelle società di personaggi dal passato oscuro che spesso hanno fatto soltanto danni. La Gallura è l’eccezione, progetti che vanno incoraggiati e sostenuti».

Sport e politica non vanno proprio d’accordo, perchè ha deciso di fare questo salto?

«Ho il desiderio di dare alla politica un aspetto più sorridente. Domenica un dirigente del Cagliari mi ha detto che era stupito che tutti mi volessero bene nonostante nella mia carriera abbia fatto infliggere più di 100 mila euro di multa alla società. Ecco, vorrei che questo succedesse anche in politica. Giulini si è raccomandato, dicendomi di sostenere lo sport anche da senatore. È questa la mia missione».

 

Fonte La Nuova Sardegna